GAZA, NON SI UCCIDONO COSI’ ANCHE I CAMMELLI? (di Fulvio Grimaldi)


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Non
esiste qualcosa come un popolo palestinese. Non è che siamo venuti, li
abbiamo buttati fuori e abbiamo preso il loro paese. Essi non
esistevano.

(Golda Meir, Primo Ministro di Irsaele, Sunday Times, 15/6/1969)
 
Dobbiamo espellere gli arabi e prendere il loro posto.
(David Ben Gurion, 1937, “Ben Gurion and the Palestinian Arabs”, Oxford University Press)
 
I palestinesi saranno schiacciati come cavallette…le teste spaccate contro le rocce e i muri.
(Yitzahak Shamir, Primo Ministro, “New York Times”, 1/4/1988)
 
Non c’è sionismo, colonizzazione o Stato ebraico senza l’espulsione degli arabi e la confisca delle loro terre.
(Ariel Sharon, ministro degli esteri, “Agence France Press”, 15/11/1998)
 
Israele
ha il diritto di processare gli altri, ma nessuno ha il diritto di
mettere sotto processo il popolo ebraico e lo Stato di Israele
.
(Ariel Sharon, Primo Ministro, “BBC Online”, 25/3/2001)
 
Dobbiamo
usare il terrore, l’assassinio, l’intimidazione, la confisca delle loro
terre, per ripulire la Galilea dalla sua popolazione araba. C’è bisogno
di una reazione brutale. Se accusiamo una famiglia, dobbiamo straziarli
senza pietà, donne e bambini inclusi. Durante l’operazione non c’è da
distinguere tra colpevoli e innocenti.

(Ben Gurion, 1967)

Seguendo
le istruzioni di questo “padre della patria” soldati israeliani
entrarono in una casa di Gaza e alla madre di dieci figli intimarono di
sceglierne cinque da “offrire in dono a Israele”. La donna urlava in
preda al terrore. Le fu ripetuto l’ordine e che, se non avesse fatto la
scelta, l’avrebbero fatta i soldati per lei. Poi cinque dei suoi
bambini le furono ammazzati sotto gli occhi
.

Per
la frustrazione di non essere riusciti a penetrare nella città di Gaza
neanche per pochi metri, Israele mirò al Giardino Zoologico in
periferia. Missili aprirono voragini di trenta centimetri negli
animali. Altri furono giustiziati a bruciapelo. I primi su cui si
accanirono i fucilatori israeliani furono i leoni.

Scrivo
queste note il 27 gennaio, ma è come se mi trovassi nell’occhio di un
ciclone: bambini spezzettati da schegge e pallottole, neonati che
l’inestinguibile fosforo brucia fino al midollo, un oceano di macerie
frugato da chi è sopravvissuto all’ecatombe dell’intera famiglia,
ospedali sepolti sotto troppi corpi lacerati, una terra che non basta
più ad accogliere sepolture, un lungometraggio di estinzioni da
patologie programmate per uccidere nel tempo, un capolavoro assoluto di
ferocia genocida… tutto sommerso, annichilito dall’uragano del “Giorno della memoria”.
Lo capeggia, in Italia, il capobranco statale dell’inversione della
colpa, con altosonanti 200 parole contro “l’antisemitismo”, che
appartiene semmai a quattro ultrà fascisti, utili alla diversione, con
l’indefettibile consacrazione della legittimità dello Stato ebraico e
con il silenzio tombale sulla legittimità del diritto alla vita dei
palestinesi, peraltro tutti semiti. Davanti ai bianconeri degli
scarnificati di Auschwitz, ai dolenti ricordi dei sopravvissuti, alla
pubblicazione e ripubblicazione delle testimonianze, alle pensose
riflessioni sul “male assoluto”, alle cerimonie di notabili altissimi o
bassissimi, ai pellegrinaggi ai luoghi dell’”unicità” del dolore,
all’inaugurazione di monumenti, targhe, lapidi e musei, in ecumenica
sintonia tra ogni fede, cultura e politica, i bambini di Gaza sono
scomparsi, annegati, riammazzati. E, insieme a loro, anche le vittime
di quei lager e di quelle persecuzioni, offesi a morte dalla più
ipocrita delle strumentalizzazioni. Nessuno mi toglie dalla testa che
gli psicopatici del terrorismo di Stato abbiano programmato i tempi
dell’olocausto di Gaza in modo da farlo subito sparire sotto la
scadenza di quell’altro. Sono passati meno di dieci giorni dalla
momentanea fine della mattanza, ma la Shoah ha già fatto chiudere il
libro della propria replica.

In
calce a questo articolo potrete trovare la petizione da firmare per
l’incriminazione di Israele davanti alla Corte Penale Internazionale
per crimini di guerra e contro l’umanità
.

Cito dal “manifesto”, giornale comunista, che titola esaltato nel giorno dell’incoronazione di Barack Obama: “Comincia l’era dello smart (intelligente, illuminato) power” , oppure, “E l’America cambia rotta” : L’astro
politico di Berlusconi è destinato a tramontare nella svolta politica,
geopolitica e culturale che l’elezione di Barack Obama imprime a ciò
che negli ultimi decenni si è configurato come l’ordine egemonico del
discorso occidentale… E’ auspicabile e prevedibile che di qui a poco il
vento del cambiamento che spira dall’altra sponda dell’oceano si farà
sentire… Con l’elezione di Obama questo contesto internazionale, questa
onda che ha disegnato il profilo di un’epoca sono finiti… Si tratta di
percepire, registrare e interpretare questo cambiamento dell’epoca,
questo smottamento di egemonia, questa nuova energia…. L’incubo è
finito
(Ida Dominijani, 23/1/09). Non c’è dubbio che i primi
provvedimenti di Obama hanno già dato il segnale del cambiamento sia in
politica interna che in politica internazionale. E questo va ben oltre
il valore simbolico della novità razziale… La novità antropologica
segnerà sicuramente la fine del razzismo all’interno della democrazia
statunitense… Il day one di Obama è stato molto promettente… Quanto
alla politica estera, Obama si è subito occupato della questione
palestinese prendendo contatto con Olmert, Abu Mazen, Mubaraq e
Abdallah II… Gli Stati Uniti non dovranno più operare sul piano
internazionale come una potenza imperiale legibus soluta…(
Danilo Zolo, 23/1/09). La
lista degli atti simbolici che Obama ha compiuto… rappresenta un
completo ripudio di otto anni di amministrazione Bush… e qui era palese
che il nuovo presidente era arrabbiato non solo con i repubblicani, con
i petrolieri, con i banchieri di Wall Street, ma anche con i suoi
concittadini, con il partito democratico…L’unica speranza degli Stati
Uniti di uscire dalla crisi consiste quindi nelle capacità di
leadership di Obama, quella misura di carisma personale, chiarezza
intellettuale e fedeltà ai propri valori che si trova solo nei grandi
dirigenti… Obama sembra avere le qualità richieste ai leader: ispira
fiducia, mostra compassione per i più deboli, promette stabilità e
speranza… gli americani continueranno a guardarlo come qualcuno in
grado di camminare sulle acque e di moltiplicare i pani e i pesci.
(Fabrizio Tonello, 25/1/9).

ISRAELE, OBAMA E LE SINISTRE ORGASMATICHE
Sono
bastate, nel discorso inaugurale, due banalità retoriche su “ideali”,
“valori”, “padri fondatori” del nero delegato da Wall Street e dal
complesso militar-industriale, per scatenare questI osanna sgocciolanti
bava. La delirante apertura di credito a un personaggio cui si
attribuiscono, nella peggiore deformazione della personalizzazione di
un potere che l’elite capitalista Usa attribuisce
organicamente, controllando ogni suo respiro, al fantoccio di turno,
rivela brutalmente il coacervo di colonialismo mentale, ignoranza,
dabbenaggine, fideismo, culto del leader, che rendono la sinistra
ufficiale italiana, e non solo quella ufficiale, il pateracchio
ineffettuale e ontologicamente subalterno che da decenni annichilisce
ogni istanza di cambiamento. Coloro che hanno tutto da perdere da
questo come da qualsiasi altro gruppo dirigente imperialista, che tutti
senza eccezione si pongono l’obiettivo di mantenere e potenziare il
dominio Usa e capitalista sul mondo con lo strumento della “guerra al terrorismo”,
cioè a tutti noi, subiscono da questi corifei un disarmo unilaterale e
si ritrovano proiettati nel vuoto dell’inconsapevolezza, impiccati a
batuffoli di rosee illusioni. A questi “sinistrati” si accodano
equilibrati equilibristi che, come tale Gennaro Carotenuto di
“Giornalismo partecipativo”, regalano al bianchissimo annerito
neo-eletto, confermatosi “combattente contro il terrorismo globale” e
accentuatore di tutte le guerre Usa in corso, finanziato come nessuno
mai prima dai criminali della finanza predatrice (subito salvati dalla
loro bancarotta fraudolenta), “nessun pregiudizio, né positivo, né negativo”, aggiungendo che non ci si può non emozionare col cuore per un appuntamento così con la storia.
Aggiungiamo poi la scomparsa del dato imperialistico, della guerra,
delle basi Usa, della Nato d’assalto e di sterminio, dalle analisi e
dai propositi di praticamente tutti gli aggregati di sinistra che,
pure, negli anni recenti si erano mobilitati contro l’innesco della
guerra infinita e permanente in Jugoslavia e Iraq. Il Forum Sociale
Mondiale di Belem, Brasile, ormai frequentato soltanto da
veteroumanitaristi e ong insaziate, alla sua ennesima e sempre più
insignificante adunata a difesa dei “beni comuni”, ha espunto dai suoi
temi questi aspetti che, pure, sono lo strumento primario per
l’annientamento dei beni comuni e dei diritti umani, limitandosi a
pettinare la testa di Medusa del libero mercato. Quanto ancora si agita
in direzione antagonista tra le macerie dei partitini comunisti,
probabilmente sopraffatto da un’incombenza temuta troppo onerosa alla
luce delle sconfitte subite da Belgrado a Baghdad e a Kabul, costruisce
il suo agire politico intorno a capisaldi degnissimi come il lavoro, il
territorio e l’ambiente, l’istruzione, ma confina l’elemento
“internazionale”, nonchè internazionalista, in una sottovoce del
capitolo “analisi, cultura e teoria”. Alla presentazione di
un nuovo sito-agenzia d’informazioni alternativo con la pretesa di
neutralizzare gli effetti tossici dell’informazione di regime e andare
oltre “il manifesto” e fogli analoghi, una dozzina di interventi di
protagonisti delle rispettive situazioni ha sviscerato ogni possibile
contenzioso tra lavoratori e padroni, ma non ha mormorato una parola
tipo “guerra”, “imperialismo”, “geopolitica”, “internazionalismo”.
Rassicurati da Barack Obama? Ci pensa lui a togliere dall’ordine del
giorno quello che fino a ieri alle sinistre di tutto il mondo era parso
la condizione sine qua non – oltre che un fondamentale
imperativo etico – per unire le forze dell’umanità vessata e
soggiogata, oggi addirittura votata a una liquidazione da “soluzione
finale”, nel contrasto all’imperialismo, alla matrioska che genera e
contiene ogni forma di oppressione. Fa il paio questa trascuratezza
cieca e autolesionista con la sufficienza con cui si lascia a un Di
Pietro, a un Travaglio, il monopolio della difesa della legalità, del
diritto, dell’uguaglianza davanti alla legge, stritolati dal tritacarne
della cosca al potere. Ma come, scaldarsi per giudici come De
Magistris, Forleo, Apicella, messi all’indice (poi magari al muro come
Falcone e Borsellino) e travolti da una diffamazione peggio di Saddam,
per aver toccato la coda del malaffare mafioso che ci governa,
consapevoli che quei principi di diritto erano le conquiste di civiltà
e di emancipazione da abusi gerarchici che avevano tratto lavoratori,
donne, bambini, anticonformisti di ogni razza dai sottoscala della
società? Si rischiava la deriva, l’onta, del “giustizialismo”, non sia
mai! Nel famoso racconto di quelli che vengono a prendere prima gli
zingari, poi i giudei, poi i comunisti, oggi anche gli immigrati,
l’ultima categoria da liquidare è sicuramente quella dei giudici non
comprati (come quelli del CSM capeggiati da un Mancino emerso, guarda
un po’, dalle indagini di De Magistris). Poi ci siamo noi, nudi e
crudi. In questo mondo di ciechi non c’è neanche l’orbo…

E’ nel
nome dei bambini inceneriti e delle donne e degli uomini massacrati a
Gaza che si devono svergognare questi pendagli da quattro stereotipi
polverosi, questi fabbricanti di ipnosi della fiducia malriposta e
della speranza votata alla depressione. Si è voluto giustificare il
silenzio di Obama ante-insediamento sulla carneficina ipernazista in
corso a gennaio, perché “in Usa non ci possono essere due presidenti”.
Sorvolando leggiadri sulle abbondanti e risolute dichiarazioni che però
il presidente eletto rilasciava su Iraq, Iran, Afghanistan e universo
mondo. Dal sangue e dalla materia cerebrale tra i calcinacci di Gaza,
ci sollevavano le alate e ineguagliabili frasi su libertà, speranza,
cambiamento, pace e la perenne grandezza del popolo americano. Compiuto
l’insediamento, fedelissimo all’impegno preso in campagna con l’ AIPAC
(Comitato per gli Affari Pubblici Israelo-americani), la più virulenta
delle lobby ebraiche, Obama ha però subito dichiarato alla grande: “Sia
chiaro, l’America è impegnata per la sicurezza di Israele e sosterrà
sempre il diritto di Israele di difendersi da ogni minaccia. Per anni,
Hamas ha lanciato migliaia di razzi contro cittadini israeliani
innocenti. Nessuna democrazia può tollerare tali pericoli per il suo
popolo, né dovrebbe tollerarli la comunità internazionale… Hamas deve
soddisfare indiscutibili condizioni: riconoscere il diritto di israele
a esistere, rinunciare alla violenza, ottemperare ad accordi conclusi,
terminare il lancio di razzi e gli Stati Uniti con i suoi partner
sosterranno un’ efficace azione di interdizione e contro il
contrabbando che impedisca il riarmo di Hamas… ne saranno garanti le
autorità internazionali e quella palestinese… Ogni assistenza alla
ricostruzione dell’economia palestinese sarà fornita esclusivamente
all’Autorità Nazionale Palestinese e verrà da questa diretta.
Così
parlò Obama, e sulla pelle dei bimbetti di Gaza le fiamme del fosforo
bianco ancora non si erano spente. Nè ara finita un’occupazione di
sessant’anni, nè si era asciugato l’inchiosto delle 30 risoluzioni ONU
sbeffeggiate da Israele. E’ naturalmente un’altra cosa, per i
quaquaraquà sinistrati, se queste infamie le producono i Fini, i
Veltrusconi, o altri parvenu del sottimperialismo cialtrone nostrano.
Ci penserà il nero miracolista del cambio a sistemarli…

L’Autorità
Nazionale Palestinese è quella conventicola di prostitute, prosseneti e
ladroni, allevata, ahinoi, da un Arafat in piena senescenza, che a suo
tempo Marwan Barghuti, con la nuova generazione di Fatah nata
dall’Intifada, aveva tentato di neutralizzare, e che, perse le elezioni
del 2006, con il satrapo e agente della Cia Mahmud Dahlan aveva tentato
un colpo di Stato contro il legittimo governo di Hamas, golpe
anticipato dalle forze di sicurezza di Hamas. Aveva poi cercato di
rimediare il democratico Israele con una serie di assassinii mirati e
incarcerando senza processo una sessantina di deputati di Hamas.
L’affidamento degli aiuti, dei finanziamenti e del comando ai gangster
collaborazionisti dell’ANP di Abu Mazen è ovviamente la dote concessa
alla mignotta palestinese per avere fin dal primo giorno dell’attacco
attribuito ogni responsabilità a Hamas, per aver represso con mazzate e
carcere ogni manifestazione di solidarietà alle vittime di Gaza in
Cisgiordania, per aver fatto nei territori occupati il lavoro sporco di
Israele, esattamente come lo Judenrat, il Consiglio Ebraico, ai tempi
del suo accordo con i nazisti per il trasferimento degli ebrei in
Israele. Non c’è una parola di Obama che non avrebbe potuta essere
detta da Bush: parole che sulle ferite dei sopravvissuti della
macelleria di Olmert a Gaza devono aver avuto l’effetto di una tintura
di acido solforico. Come per Condoleezza Rice e Hillary Clinton, le
arpie cannibali dell’elite statunitense, anche per Obama è da
addossarsi ai palestinesi l’onere della prova di essere degni del
genere umano, degni di aver rivolta la parola da Tsipi Livni e, domani,
dall’Obersturmbannfuehrer Netaniahu. La posizione di Barack
Obama sulla questione palestinese è dirimente, specie se la vediamo
inserita nell’immutato contesto della “guerra al terrorismo”,
dell’escalation in Afghanistan e Pakistan, del dichiarato mantenimento,
al di là della chiusura dell’ormai insostenibile Guantanamo (ma Bagram
e altre prigioni dell’aberrazione giuridica rimangono), del “Patriot Act”,
cioè delle infrastrutture da Stato di polizia erette dalla precedente
amministrazione, delle minacce al Venezuela di Chavez, del silenzio
tombale su 50 anni di embargo a Cuba e del fatto che nessun presidente
aveva mai rimpinzato il suo staff di tanti generali e ammiragli,
vessilliferi del complesso militar-industriale.

Imperialismo e lotta di classe. Partiamo dal gas.
C’è
un aspetto dell’aggressione israeliana a Gaza che si inserisce nella
strategia, elaborata dai fondatori del sionismo e dagli sponsor dello
Stato razzista e teocratico, di eliminazione al rallentatore del popolo
palestinese e dell’obliterazione della nazione araba. Aspetto
scrupolosamente occultato da chi blatera di antisemitismo, di
democrazia azzannata da terroristi, o, al meglio, di territori
disputati, ma che illustra come la rapina e la soluzione finale
praticate da Israele rientrino pur sempre nel classico schema della
lotta di classe e dell’imperialismo. Una cinica volontà di egemonia, di
dominio sui deboli, fino alla loro rimozione, di controllo delle
ricchezze del pianeta, alimentata da egoismo, razzismo, odio e
bigottismo. E’ la ragion d’essere di duecento multinazionali e duecento
milioni di miliardari, con la loro servitù politica e mediatica, che
ormai da anni (dalla caduta del muro?) possono condurre una lotta di
classe verso il basso confortata dal disarmo unilaterale degli
oppositori. Oppositori finti, conniventi predicatori della fine del
conflitto, dell’abolizione del concetto di “nemico”, della nonviolenza,
fino a agli ostinati, ottusi o scaltri, peroratori dei due stati per due popoli,
offerti a uno Stato colonialista che, dalla sua creazione in provetta
fino a Oslo e ad Annapolis, non ha assolutamente mai contemplato la
presenza di diritti nazionali palestinesi. E, quanto a quelli arabi,
non abbiamo che l’esistenza di regimi schiavisti asserviti agli
interessi e alla geostrategia occidentali.

Vi
hanno mai parlato dell’esistenza al largo della costa di Gaza, scoperta
nel 2000, di ampi giacimenti di gas il cui sfruttamento venne da
Israele concesso al Gruppo “British Gas”, alla “Consolidated Contractors"
del maronita libanese “Sabbagh & Koury” e al Fondo Investimenti
dell’ANP (per un misero 10%)? Guardate la mappa in testa al pezzo. La
licenza per lo sviluppo dei giacimenti, di cui il 60% sta nelle acque
territoriali di Gaza, e per la costruzione di un gasdotto, copre
l’intera area off-shore della Striscia. Il Gruppo “British Gas” ha già effettuato due perforazioni nel 2000, Gaza Marine 1 e Gaza Marine 2.
Le riserve di questi soli due pozzi sono calcolate in 500 miliardi di
metri cubi per un valore di 4 miliardi di dollari. Ma si stima che il
totale delle riserve palestinesi sia molto più ampio. Di fronte allo
stallo della situazione a Gaza, la “British Gas” risolse nel
2007 di concludere un accordo per pompare l’idrocarburo verso l’Egitto.
Sollecitato da Israele, intervenne l’allora premier britannico Tony
Blair per sventare tale soluzione. Successivamentem, il governo
israeliano si accordò con la “British Gas” per escludere dal
banchetto sia l’Autorità Palestinese, sia, tanto più, il governo di
Hamas. Il che sgretola l’assunto, universalmente recepito, di un Ariel
Sharon che si sarebbe ritirato da Gaza onde liberare un pezzetto di
Palestina dall’occupazione. Al controllo israeliano su questa ricchezza
energetica servivano meno seimila coloni in un mare palestinese, quanto
una Gaza assediata, decimata dal blocco, poi sterminata e distrutta al
punto da rendere insostenibile la permanenza della sua popolazione,
chiusa da tutti i lati e affidata all’occupazione di una forza
internazionale amica (vedi Unifil in Libano) sotto la nominale autorità
di un governicchio fantoccio di Abu Mazen.

L’olocausto di Gaza
non è l’eccezione alla regola perpetrata da uno Stato particolarmente
efferato. E’ la più profonda espressione della regola di un capitalismo
imperialista che pretende di governare il mondo in ogni suo aspetto. Le
periodiche esplosioni genocidarie in forma concentrata emanano dalle
norme che ne costituiscono la base. Se per un fenomeno non c’è base, il
fenomeno non viene ad esistenza. Le premesse sono quelle condivise da
ogni classe dirigente, feudale o capitalista, da ogni impero degli
ultimi due-tremila anni. Di fronte alla minaccia della sollevazione dei
dominati, della lotta di popoli o classi, ogni civiltà imperiale
determina di essere l’assassino piuttosto che l’assassinato, il
conquistatore piuttosto che il conquistato, il governante piuttosto che
il governato. Quello che rivediamo oggi è la ripetizione, da Ciro il
Grande (i greci!) a Augusto (i barbari!), da Andrea Doria (i mori!) a
Hitler (gli ebrei!), del trauma per cui una minaccia reale, o inventata
come nel caso delle Torri Gemelle e del terrorismo islamico, si
generalizza e penetra nella psicologia di individui e di intere
società, per produrre così uno stato di emergenza psico-culturale, una
vera nevrosi di massa: il 96% degli israeliani ha appoggiato la
macelleria di Gaza, il 45% chiede l’espulsione di tutti i palestinesi.
Furono più o meno le percentuali di appoggio, dopo l’11 settembre, per
le guerre infinite e globali ambite da una vacillante amministrazione
Bush-Cheney. Le ultime manifestazioni nostrane di una catena che il
sistema bipartisan estende in perversione antropologica, sono i pogrom
anti-immigrati e anti-rom che non hanno molto da invidiare alle
operazioni contro gli “scarafaggi arabi” da parte israeliana. Ma sono
anche le strategia di criminalizzazione dei giovani – studenti, tifosi,
baby gang, frequentatori di discoteche, “fannulloni” e “bamboccioni” –
di giorno in giorno intensificata da una gerontocrazia in crisi di
plusvalore. Così un presunto pericolo esistenziale corso da Israele,
fondato da decenni sull’irrealistica ma perpetua minaccia di un nuovo
olocausto ebraico, giustifica la creazione e ininterrotta espansione di
Israele e lo spossessamento e massacro del popolo palestinese. Tanto
grave appare quella minaccia da permettere qualsiasi crimine per
sventarla. E quindi vai con “l’antisemitismo”, vai con quella che il figlio di sopravvissuti dei lager, Norman Finkelstein, chiama “l’industria dell’olocausto”,
vai con le escursioni di scolaresche ad Auschwitz. Se ne ricava un
assegno in bianco per il genocidio dei “terroristi” palestinesi, per
coprire il quale si fa l’osceno e macabro uso delle povere vittime di
un orrore precedente. E’ guerra di classe, è imperialismo e se la
minaccia reale, di popoli insorti, di resistenze non domabili, di
insubordinazioni di classe, finisce con l’estenuarsi sotto i colpi
della ferocia repressiva, o per depravazione ideologica e stanchezza
strutturale, non per questo l’estrazione di valore da una forza lavoro
pauperizzata, o da un ambiente naturale dissanguato, si ricostituisce.
Per drenare quanto resta, prima della fine del mondo, occorrono 11
settembre, terroristi islamici, diversi e diasadattati di qualsiasi
ordine e tipo.

Gaza, un modello per la crisi
Un
altro elemento che l’assenza di lenti internazionaliste non fa rilevare
è quello, di rilevanza strategica universale, dei metodi israeliani
come laboratorio e modello per ogni aspetto della guerra esterna e
interna necessitata da un riconquista coloniale e sociale, a sua volta
imposta da una crisi senza orizzonti di ripresa e senza margini di
ammortizzazione per le classi e i popoli subalterni. Universalizzata la
qualifica di “terrorista” fino ad estenderla a chi marina le
elementari, o fa picchetti davanti a discariche, viene naturale
l’adozione dei mezzi repressivi che Israele ha così efficacemente
collaudato. Pensate che ci sia una bella differenza tra famigliole che
i soldati chiudono in casa per poi dargli fuoco col fosforo, e
politiche che sospingono la brava gente di Ponticelli o di Guidonia a
incendiare campi e vite, o tra il radere al suolo scuole e università,
e presidi che comunicano con sms i voti e le assenze ai genitori, o,
ancora, tra chi polverizza moschee e ospedali, e chi vieta le preghiere
altrui davanti alle nostre superiori chiese e fa degli ospedali
pubblici lebbrosai da Terzo Mondo per succhiare profitti da cliniche
private vampire? E’ solo una questione di quantità e di tempo.
Aspettate che la crisi si accentui, semini catastrofi umane e imponga
che entrino in campo i professionisti della repressione dei nostri
ministri di polizia e dell’Offesa, collaudati in scenari di carnai e
strazi bellici e animati dall’esempio dei più bravi di tutti, un
esempio che incontra comprensione e approvazione da quelli che fanno
opinione pubblica. Non saranno i bombardamenti al fosforo e all’uranio,
ma è già il gas CS, bandito dalle convenzioni perché distrugge il
sistema endocrino, o sono le esecuzioni giudiziarie di pallottole
partite per sbaglio, o che hanno incontrato un calcinaccio. Non saranno
le decine di migliaia di incarcerati senza colpa, senza processo e
senza difesa delle guerre ai “nemici combattenti”, ma già sono i campi
di internamento ed espulsione per immigrati e, nel Regno Unito e negli
Usa, anche per cittadini. Non saranno le torture legittimate (per
quanto Bolzaneto e Diaz e pestaggi sistematici di ogni capannello
frustrato…), ma sono già i rapimenti e le extraordinary renditions
di sospetti disturbatori. Non saranno l’annullamento del diritto di
informazione praticato con il divieto ai giornalisti di accedere a
scenari di guerra e sterminio, ma è già la soppressione delle voci e
dei fatti sgraditi da ogni mezzo d’informazione: in Inghilterra le due
emittenti maggiori, BBC e Sky, rifiutano di pubblicare caritatevoli
appelli alla raccolta di aiuti per i morituri di Gaza: rivelano uno “sbilanciamento filo palestinese”.
Chi ha sentito l’indignata protesta delle nostre associazioni
giornalistiche contro lo sconcio delinquenziale della faziosità
mediatica su Gaza? Non sarà l’imposizione a una popolazione
recalcitrante di regimi autoritari e corrotti di collaborazionisti, ma
può benissimo essere l’affidamento di intere regioni del paese al
controllo e agli abusi della criminalità organizzata. e il resto ai
ratti della P2. Non sarà la cancellazione dalla faccia delle Terra di
culture fastidiosamente aliene e non riconducibili alla norma, ma è già
la demonizzazione ed espulsione di culture politiche non integrabili e
di culture etniche intellettualmente ed economicamente concorrenziali:
a Lucca vengono banditi i ristoranti etnici e quelli che non esibiscono
un “arredo elegante e in linea con le tradizioni locali”. Non
sarà neppure la negazione di ogni pur minima parvenza di sovranità
statale ai palestinesi, ma sono basi militari, accordi più o meno
segreti, monitoraggio e dettato Usa su ogni decisore politico indigeno,
la Nato, le 90 bombe atomiche, Mossad e Cia nell’attico dei nostri
servizi. E’ dal 1945 che la classe dirigente si è venduta la sovranità
nazionale e nessun sinistro lo ricorda più: non vennero a liberarci?
Più o meno così hanno liberato iracheni e palestinesi. E se
sessant’anni di indottrinamento razzista, di de-umanizzazione dei
palestinesi e, implicitamente, di se stessi, di satanizzazione delle
vittime, hanno prodotto un 96% della società che approva l’uccisione di
1500 palestinesi, aspettate cosa produrrà fra poco il belusconismo e
suo cugino, il veltrusconismo. I Fede, i Riotta, i Mieli, gli
autorevoli rappresentanti delle istituzioni rese impunite da leggi e
costumi, hanno preparato la società ad accettare questi massacri con il
solito karma dell’ “autodifesa”. Con Israele consacrata
all’esenzione da ogni limite umano e di diritto, con la nave da
battaglia Usa incoronata dalla polena di un presunto taumaturgo o
messia, davanti a cui tutti si levano i pantaloni, beh allora… son
cazzi nostri.

Senza una consapevole epistemologia delle
dinamiche del capitalismo e dell’imperialismo non si riesce e percepire
la realtà che oggi fronteggia l’umanità, la totale coerenza e
continuità tra oppressione di classe, genocidio ed ecocidio e il modo
in cui la fenomenologia di una civiltà necrocratica fluisce nei
torrenti, nei fiumi e nel mare della morte planetaria. Altro che Obama,
altro che “antisemitismo”. I 1500 palestinesi trucidati a
Gaza, le migliaia di mutilati e avvelenati dal fosforo e dall’uranio
per un’agonia protratta nel tempo, sono, come scrive Lorenzo
Dellacorte, il sacrificio umano immolato sull’altare del capitale.

Nessuno
lo ha capito meglio dei palestinesi, degli iracheni, degli afghani, dei
latinoamericani in marcia. Come diremo più avanti, a Gaza Israele non
solo non ha vinto, non ha raggiunto gli obiettivi conclamati, ha dovuto
ripiegare come in Libano e affidare ai soci della criminalità
organizzata occidentale il compito dell’esecuzione. Ma ha perso. Lo
specchio si è infranto. L’attende un tribunale criminale invocato da un
uragano di voci che sta per soverchiare lo tsunami della farsa
vittimistica ebraica. E prima ancora di quella giuridica, lo sta
processando l’alta corte della coscienza umana.

Israele deve essere giudicato dalla CPI – Petizione universale

CAMPAIGN

Sign at the bottom of page

Israel must be judged at the International Criminal Court – Universal petition

Approximately
300 among NGOs and associations ask the Prosecutor of the International
Criminal Court to open an investigation on the war crimes committed by
Israel in Gaza. Our support is indispensable. Sign and circulate this
urgent «universal petition».

To the Prosecutor of the International Criminal Court (ICC)
Law
is the distinguishing mark of human civilisation. All progress made by
humanity coincides with the consolidation of rights. The challenge that
Israel’s aggression against Gaza poses to us consists in affirming,
when confronted with such great suffering, that the response to
violence is justice.
War crimes? Only courts are able to bring about
a sentence, but all of us can bear witness, because a human being only
exists in his relationship with others. The circumstances show the
breadth of their dimension in Article 1 of the Universal Declaration of
Human Rights of 1949, «All human beings are born free and equal in
dignity and rights. They are endowed with reason and conscience and
should act towards one another in a spirit of brotherhood.»
The
protection of populations, and not only of States, is the reason why
the International Criminal Court exists. A population without a State
is the most threatened of all, and before History, they are placed
under the protection of international bodies. The most vulnerable
populations must be the most protected. Killing Palestinian civilians,
the Israeli armoured tanks have caused humanity as a whole to bleed. We
have been insisting that the power of the Prosecutor be put at the
service of all the victims, and this task must allow that the entire
world receives a message of hope, that of the construction of
international rights based on human rights. And together, one day, we
can pay homage to the Palestinian people for the contribution that they
have given to the defence of human freedom.

Campaign begun on 19/01/2009

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