ARMI PROIBITE: FOSFORO, DIME, URANIO, LUCIA (di Fulvio Grimaldi)

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Fosforo Bianco su Gaza

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
                                        
 
 
La Grande Bugia è una bugia
 così enorme da far credere alla gente che nessuno potrebbe avere
l’impudenza di distorcere la verità in modo così infame.
 (Adolf Hitler, “Mein Kampf”)
 
La
proprietà di un gentile (non ebreo), secondo la nostra legge, non
appartiene a nessuno e il primo ebreo che passa può prendersela
.
(Talmud, Schulcan Amen 156)
 
Non è permesso derubare un fratello, ma è permesso derubare un non ebreo.
(Levitico XDC,13)
 
Un ebreo può mentire e spergiurare per condannare un non ebreo. Il nome di Dio non è profanato quando si mente ai cristiani.
(Talmud, BabaKama, 113a, 113b)
 
Tutti i non ebrei sono solo degli animali, quindi tutti i loro bambini sono bastardi.
(Talmud, Yebamoth, 98°)
 
Anche il migliore dei Goyim (non ebrei) dovrebbe essere ucciso.
(Talmud, Abhodah Zarah, 26b)

Il Talmud è il libro-guida degli ebrei.
1500
uccisi in 22 giorni (di cui solo 95 combattenti), con altri da
recuperare da sotto le macerie, 5.600 feriti, di cui gran parte
morituri per ferite incurabili, 1 milione mezzo contaminati dalle bombe
all’uranio, 22mila case demolite, 220mila persone senza tetto, tutte le
infrastrutture per la vita distrutte. Questi i numeri dell’eroico,
moralissimo, quarto esercito del mondo nella sua guerra contro un
popolo inerme, affamato, minato nel corpo e nello spirito, privato di
tutto da mesi, che lancia razzi di latta e fa qualche buco nella sabbia
o nei muri. E lo fa DOPO che l’aggressore di sempre aveva bloccato la
vita di tutta una popolazione per 18 mesi e infranto la tregua il 4
novembre uccidendo sei palestinesi a Gaza. Questi i numeri da sempre di
noialtri civilizzati che, dal “nuovo mondo” da rapinare e ripulire di
gente indigena, al Congo dei 20 milioni trucidati da Leopoldo I, dal
Vietnam napalmizzato all’Iraq uranizzato, sappiamo tecnologicamente
uccidere a distanze irraggiungibili da nemici con frecce e kalashnikov.
Così i mitici combattenti di Tsahal hanno potuto radere al suolo
l’intera Gaza, senza rischiare di arrivare a tiro dei moschetti
palestinesi. E tuttavia hanno perso e sono dovuti andar via senza aver
raggiunto lo scopo dichiarato: eliminare la Resistenza, fargli
rivoltare contro il popolo. Così i prodi occupanti della Cisgiordania
sanno fucilare ragazzini, prima che gli arrivi il loro sasso. Per
tentare di schiacciare questo popolo in una tenaglia di morte e
sottommissione, la quarta potenza militare del mondo ha lanciato da
aria, terra e mare un ininterrotto tsunami di morte a base di armi
proibite.

Quello che i Mengele israeliani combinano con queste
armi l’avevo visto con i miei occhi nel laboratorio Libano, estate
2006, insieme al Dr. Ibrahim Faraj dell’ospedale di Tiro, rimasto nel
suo ospedale mentre gli psicopatici di Tel Aviv lo tempestavano di
ordini di andarsene e polverizzavano i dintorni (vedi il mio Gaza, Baghdad, Beirut: delitto e castigo,
Malatempora ed.). Ragazzi in fiamme inestinguibili da fosforo bianco,
interni di persone maciullati da DIME(Dense Intensity Metal Explosive),
gambe stroncate da bombe a grappolo, necrosi inarrestabili da armi
chimiche. E il Dr. Ibrahim amputava, amputava, fino a che non c’era più
nulla da amputare. La guerra era persa, i sadici vigliacchi erano stato
respinti nel loro Stato razzista, teocratico, monoetnico, ma la
tecnologia Usa fornita all’avamposto imperialista in Medio Oriente
aveva vinto la sua scommessa. Si poteva procedere con Gaza.

Su
questo sfondo va vista l’esibizione di Lucia Annunziata nella
trasmissione “Anno Zero” dell’8 gennaio 2009, quando si lanciò contro i
corpi frantumati dall’infanticidio di Gaza, mostrati da Michele
Santoro, urlando improperi sull’impostazione “filopalestinese”
dell’unico giornalista che aveva osato far vedere ciò che l’intera
ciurma del giornalismo italiano aveva occultato. Già era successo con
Santoro ai tempi dell’aggressione alla Jugoslavia, quando un premier
italiano, criminale di guerra e violatore della Costituzione, si
precipitò a frantumare Belgrado e, addirittura, il Kosovo “da salvare”
da una fittizia “pulizia etnica” del fittizio “dittatore” Milosevic.
Una trasmissione dal Ponte Branco della capitale serba che lacerò i
pudichi veli con i quali i corifei dell’ ”intervento umanitario”
avevano coperto i massacri. Anche lì ci si accanì contro i bambini: non
solo bombe a grappolo che sembrano balocchi o biscotti, ma, come
mostrarono i miei documentari girati in quei giorni (Il popolo invisibile, Serbi da morire, Popoli di troppo),
bombe intelligentemente mirate a bloccare il funzionamento delle
incubatrici negli ospedali, bombe su scuole e asili. Togliere di mezzo
l’infanzia è lo strumento per eliminare popoli di troppo.

Lucia
Annunziata la conosco bene. Sul finire degli anni ’90 ci capitò tra
capo e collo come direttore del TG3. Si mormorava che la sua marcia
trionfale dal “manifesto” alla "Repubblica" e al "Corriere della Sera",
per progressivi spostamenti di degrado professionale, fosse su vetture
Fiat con alla guida lo sbruffone Nato con i baffetti. Arrivò con la
testa cinta di allori sionisti per aver battuto i marciapiedi di tutto
il Medio Oriente drappeggiata nel vessillo con la stella di Davide. Da
noi durò poco. I suoi epiteti volgari all’indirizzo di colleghi
convinti di far parte di una categoria degna di rispetto, le sue
astruserie redazionali, la sua abissale incompetenza, i suoi bollori
ormonali, le dovevano fisiologicamente aprire la strada verso qualche
vertice nella mafirepubblica delle mafibanane, nella fattispecie la
presidenza Rai, ma non la salvarono da una sollevazione senza
precedenti di tutto il corpo redazionale, conscio di quel minimo di
dignità che la testata conservava rispetto alle altre. Ne conservo un
ricordo che ne anticipa qualità poi impostesi all’ammirazione di tutto
il cucuzzaro nazionale filoisraeliano quando, in “Anno Zero”, si
acquisì meriti imperituri presso la SpA Genocidi e Infantici. Fu,
credo, nel 1996, cinque anni dopo la prima Guerra del Golfo e sei anni
da quando l’Occidente cristiano, civile, democratico, aveva fatto
strame dei diritti umani imponendo al popolo iracheno la punizione
collettiva dell’uranio, prima, e dell’embargo poi. Le proposi di andare
a vedere cosa stava succedendo in quel paese. Alla mercè del “mostro
sanguinario Saddam” per Lucia c’erano solo i curdi di cui si diceva che
erano stati gassati dal dittatore (poi risultò che furono le truppe
iraniane). Ma c’era anche un popolo che resisteva all’embargo più
feroce mai attuato prima di Gaza, una mortalità infantile decuplicata,
in gran parte per merito dell’uranio sganciato dagli Usa, c’erano i
neonati deformi, c’era una popolazione affidata alla scomparsa per
fame, malattie, acqua tutta inquinata per distruzione degli impianti,
contaminazioni, isolamento dall’universo mondo. Sapete cosa mi intimò
la commessa viaggiatrice di Bush? Testuale: “Vai pure e parlaci
dei datteri, dei monumenti assiri e babilonesi, ma guai a te se mi fai
vedere un solo bambino iracheno menomato dall’uranio, o inscheletrito
dalla fame. Mica voglio fare un favore a quel farabutto di Saddam…”

. Glielo ricordai proprio in una trasmissione di Santoro. Farfugliò
qualcosa su come mi sarei piuttosto dovuto occupare della frana nel
Sarno.

Nessuna sorpresa per come reagì all’oscena piazzata della
bipartisanamente cara signora, strabica nell’ottica e non ce ne
potrebbe fregare di meno, ma molto più strabica più nell’etica, il
verminaio politico e mediatico della marca imperiale. Dal fascista
presidente della Camera, riscattato nell’antica fede dal modello
ultradestro israeliano e dall’olio di ricino potenziato a fosforo, alla
ciurmaglia dell’intendenza a suivre veltroniana. La
quintessenza della deontologia giornalistica l’ha espressa ancora
l’Annunziata quando, a sostegno delle armate nucleari accorse a tappare
la voragine di verità aperta dalle immagini di “Anno Zero”, ha
sentenziato: “Dobbiamo orientare il pensiero degli italiani su questa cosa”. “Orientare”,
capito? E’ l’orientamento cui sono chiamati e votati i nostri operatori
dell’informazione. Orientare come si è orientato il pensiero degli
italiani su una pulizia etnica serba che era solo subita e mai attuata,
su “interventi umanitari” che si risolvono nella decimazione dei
civili, sulle armi di distruzione di massa in Iraq, sulle Torri Gemelle
abbattute da Osama, sull’ “esportazione della democrazia” che comporta
l’annientamento di paesi, popoli, culture, su un libero mercato che ci
fa galoppare verso la fine del mondo, su una “lotta alla mafia” che è
garantita dall’obliterazione di magistrati che ne rivelano l’intima
convivenza-connivenza con la classe politica ed economica, su
operazioni di peace keeping che mirano
esclusivamente a imporre le soluzioni colonialiste e totalitarie
dell’associazione per delinquere, detta comunità “internazionale”, all’
invincibile resistenza di popoli e classi deformata in “terrorismo”.
Tutto questo è un deja vu. Ma poi ci sono, più perniciose dei
rematori di questa nave di licantropi, le quinte colonne del pacifismo
equidistante. Quelle che, contro una manifestazione di massa che si
schiera accanto alle vittime di sessant’anni di ineguagliate atrocità
di Stato, il 17 gennaio in tutta Italia, allestiscono una
contromanifestazione ad Assisi che blatera di pace “contro tutte le violenze”, “contro tutti gli estremismi”.
Quelle che si adontano, proprio da Assisi!, proprio all’ombra di
benedicenti tuniche, dell’unica risorsa rimasta agli esclusi e banditi
dal consesso civile, la preghiera. Quelle che si stracciano le vesti
perché si da fuoco ai simboli di una etnolatria che incenerisce
l’altro, dopo averlo derubato e lagerizzato. Quelle che concedono
pagnotte e aspirine ai sopravvissuti, purchè lascino rimpiazzare
l’occupante genocida da quisling venduti, protettei da caschi ONU o
Nato, che hanno lo stesso compito di spezzare le reni e annichilire la
dignità di chi resiste. “Sinistre cristiane”, fameliche ong, firmaioli
di accorati appelli alla moderazione degli uni e degli altri,
sinistri campioni del cerchiobottismo, predicatori di confronti e
dialogo. Dialogo con una società deumanizzata che al 92% ha appoggiato
la carneficina, famigliole che facevano picnic ai varchi per Gaza,
esplodendo in applausi a ogni botto e a ogni colonna di fumo che
garantivano l’intensificazione della mattanza. Dialogo con una cultura
i cui libri sacri, altrettanti decreti esecutivi, assicurano l’impunità
a ogni nefandezza inflitta al non ebreo. Sì, dialogo, ma una volta che
Israele sia stata ammorbidito dal boicottaggio, dal ritiro degli
investimenti, dall’esecrazione mondiale, dalla fine dell’immigrazione,
dall’irriducibilità della Resistenza.

Una melma maleodorante che
ha per effetto strategico la rimozione di quando, come e perché, tutto
è iniziato: l’esproprio terroristico e bellico di un popolo stanziale
da millenni, una successione ininterrotta di crimini di Stato, tutto
nel quadro di una strategia coloniale secolare per impedire il riscatto
di popoli attraverso eliminazione fisica, frantumazione, pulizia etnica
e corruzione di quanto rimane. Umanitaristi dei cerotti a nascondere le
piaghe, onde la cancrena possa continuare la sua opera fuori da sguardi
importuni. Oh, da quali vertiginose altezze morali precipita sui
dannati della Terra, purchè non “integralisti”, purchè non terroristici
lanciatori di petardi, la caritatevole comprensione della nostra
cristiana civiltà democratica. Purchè “riconoscano Israele”, cioè uno
Stato razzista, escludente, militarista, espansionista, assassino, che
non si è mai sognato di riconoscerne nemmeno l’esistenza. Non andavano
così a consolare gli autoctoni sopravvissuti agli stermini continentali
i nostri missionari? Solo quelli domati, s’intende. Solo quelli che,
anche loro, ci riconoscevano padroni, emissari dell’unico sovrano e
ministri del dio giusto.

Grande sollievo al manifestarsi,
puntuale dopo ogni imbarazzante efferatezza israeliana, della compagnia
di giro dei letterati israeliani sguinzagliati per eludere, con
rimbrotti agli eccessi dei generali di Tsahal e alle “criminali provocazione di Hamas”,
lo spaventoso peccato originale razzista e colonialista e il diritto di
chi si difende attuando la Carta dell’ONU. Vediamo i Grossman, gli Oz,
gli Jehoshua, mistificatori liberal da strapazzo, onorati in ogni
ricettacolo del perbenismo collaborazionista, bofonchiare auspici di
pace e di compromesso. Si sorvola, con disinvolta noncuranza, sui
battimani con cui queste anime belle hanno sostenuto l’invasione del
Libano, l’erezione del muro, l’olocausto di Gaza. Arrivano, con la
stessa programmata puntualità (a conferma di quanto tempo prima
l’attacco a Gaza fosse stato deciso) i film della mistificazione, che
parlino di limoni contesi tra povera palestinese e buona israeliana (“Il giardino dei limoni”), o di “Valzer con Bashir”,
piagnucolosa autocoscienza di reduce israeliano da Sabra e Shatila,
perfidamente intesa a scaricare la colpa dell’orrendo massacro sui soli
falangisti, che invece erano stati addestrati, indirizzati e diretti da
Ariel Sharon. E quando non bastano questi emissari del Mossad dalla
faccia umana, soccorre l’equipollente nostrano. E’ girato nei giorni
dell’orrore sionista un appello del “venerando maestro” di parte
ebraica, Moni Ovadia, cui infelicemente ha dato copaternità il
palestinese Ali Rashid. Quale indiscutibile combinazione di fraternità,
quale luminoso esempio di “dialogo”! Simmetria perfetta: l’invasione di uno degli eserciti più potenti del mondo è alla stessa stregua di un atto pur esecrabile di terrorismo.
E’
dunque grazie alla simmetria di “invasione” e “atto esecrabile di
terrorismo” che crescono l’odio e il rancore, si radicalizzano le
posizioni e le distanze diventano incomunicabilità.
Già, perché
con una Palestina massacrata per sessant’anni e una colonizzazione di
mezzo milione di fanatici ebrei sul 22% residuo di Palestina, ridotto
dal muro a un 12% spezzettato da posti di blocco e strade dell’apartheid,
le posizioni non dovevano certo radicalizzarsi, odio e rancore erano
paranoia pura e la comunicabilità era assidua e affettuosa. Ma se qui
la presenza del palestinese pareva aver messo qualche freno alle
equidistanze del guru ebreo, la maschera cade nell’intervista data a
Guido Caldiron di “Liberazione”. Caldiron, punta di lancia della lobby
ebraica nel quotidiano del PRC, è uno che s’era fatto notare a sinistra
per gli inni di gioia con cui aveva celebrato la reazione delle destre
libanesi alla vittoria di Hezbollah. Sollecitato da domande intrise di
virulenza sionista, Ovadia si esercita nella pratica ossomorica
dell’equilibrio sbilanciato. “La situazione è terribile e disastrosa anche per gli israeliani sottoposti a missili che possono ferire e uccidere ( tre morti contro 1.500)… La difesa (sic) dei
cittadini dello Stato di Israele legittima e sacrosanta… I paesi arabi
hanno accumulato pesanti responsabilità… le mire egemoniche della
Siria… si sta gettando benzina sul fuoco, si rischia di creare le
condizioni per una nuova generazione di terroristi… Quando mai il rogo
di una bandiera è servita a fare qualcosa per un oppresso
(magari sì, già soltanto dandogli il conforto di non essere solo al mondo e, comunque, fornendo un buon esempio)… che un palestinese perda la testa (sic)
è comprensibile, ma che lo faccia uno che vive qui, o un italiano, mi
sembra assolutamente inaccettabile… chi fa simili gesti non pensa
minimamente ai palestinesi: pensa a se stesso, guarda il proprio
ombelico, cerca di farsi notare… io di simili atteggiamenti non ne
posso più, non ne posso più di questo ciarpame (sic)…
Non è Paolo
Mieli, non è Fiamma Nirenstein. E’ Moni Ovadia. Peccato che Ovadia non
guardi il proprio di ombelichi. Forse avvertirebbe un buco nero nel
quale sono scomparsi i torti e le ragioni, gli strumenti criminali
della rimozione di un popolo dalla sua terra, usati in 60 anni di
terrorismo di Stato, e i sacrosanti strumenti di una disperata
resistenza. Poi Caldiron incalza con, in prima pagina, l’intervista
alla “pacifista” israeliana, sfuggita ai razzetti di Hamas, che anche
lei si proclama equidistante: “La loro paura è la nostra”. Immaginatevi il terrore del bracconiere alla vista del fringuello che potrebbe cagargli sulla giacca.

Del
resto tra religiosi ci si intende. All’Ovadia equidistante segue a
ruota, su “Liberazione”, il Tonio Dell’Olio (Pax Christi) specularmente
“equivicino”. Gonfiato di aria fritta il pallone aerostatico con le “innumerevoli iniziative che hanno portato volontari, pellegrini, giovani, a incontri di testimonianza con gli israeliani”, ecco l’esaltazione dell’ “equivicinanza” che ti fa “biasimare
tutti coloro che ricorrono all’uso della forza e che continuano a
credere, contro ogni evidenza, che la violenza possa risolvere problemi
profondi… Bruciare fantocci e bandiere è il segnale preoccupante che la
logica del disprezzo dell’altro ci ha catturati, aggiunge fuoco a
fuoco, odio a odio, è l’ultima delle cose di cui abbiamo bisogno".

Parrebbe dunque che per questi salomoni, impegnati a spaccare in due il
bambino conteso tra madre vera e madre falsa, la cosa peggiore di tutte
sia il rogo di uno straccio imperialista e di un pupazzo di killer in
uniforme. Canagliesco, poi, il richiamo in finale alle vittime della
Cecenia, della Somalia e del Darfur, tutte situazioni care ai
missionari cristiani, care e rimpiante per non essere riusciti ad
impadronirsene, nonostante la grande abilità interventista degli
imperialisti e l’ancor più grande abilità mistificatrice dell’apparato
mediatico e pacifinta. Naturale che, ahimè in sintonia con il
dabbenuomo Paolo Ferrero, segretario del PRC a dispetto della
marmellata poltronara di Svendola, questa gente sostenga come unico
sbocco “realistico” i “due Stati per due popoli”. Uno Stato
militarizzato fino ai denti, sostenuto dalla sedicente comunità
internazionale a costo di qualsiasi obbrobrio (anche perché buon
modello per repressioni interne e spedizioni internazionali future),
accanto a uno “Stato” che non è che un puzzle su cui sia piombato un
masso, senza confini, senza sovranità, senza forze armate confrontabili
con stati sovrani, butterato dalle città del mezzo milione di coloni a
crescere, privato di autonomia economica, politica, culturale. Com’è
che vengono taciute da tutti le voci degli ebrei d’onore e umanità che
si levano contro questa aberrante finzione per gonzi e dimostrano come
l’unica uscita realistica e giusta sia lo Stato unico, democratico,
possibilmente laico, con pieno diritto degli espulsi a tornare nella
loro terra.

Massimo D’Alema è ribalzato sugli scudi
dell’onorabilità a sinistra per aver borbottato due banali ovvietà: che
l’azione israeliana era “sproporzionata” e che con Hamas si deve pur
parlare. Ma che bravo il furbetto di un partitino da sottrarre al
controllo del rivale troppo destrorso, facendo le fusa ai detriti della
sinistra e al papa e occhieggiando verso quella maggioranza di paesi
nel Sud del mondo che danno segni di insofferenza verso l’apocalisse
planetaria perseguita dagli USraeliani, senza soluzione di continuità
da Monroe a Obama! Sarebbe stato più credibile, il baffetto dai mille
fiaschi, se avesse fatto qualche passo indietro sulla Jugoslavia.
Questo è il sergente di ferro e politico di fuffa a stelle e strisce
che ancora si vanta di aver fermato con le sue bombe stragi in Kosovo
inventate per la bisogna, che nulla hai mai detto sui massacri
perpetrati dai gangster narcotrafficanti dell’UCK, addestrati
dall’agente Cia Bin Laden, a danni della minoranza serba in Kosovo. E’
il traffichino che ha sponsorizzato l’Operazione Arcobaleno in Albania,
butterata dalla corruzione e dal ladrocinio e inquisita a Brindisi. E’
il tentacolino imperialista che ha sottoscritto, in piena aggressione
alla Jugoslavia, la mutazione genetica della Nato da alleanza difensiva
a coalizione di aggressori imperialisti in tutto il mondo. E’ il
propedeutico dello Stato di Polizia piduista che ha messo al posto
dell’esercito di leva una forza professionale di sgherri interni ed
esterni e che ha dato ai Carabinieri lo status di Quarta Arma e poteri
senza confronto con le polizie di altri paesi che non siano la Colombia.

Chiudo
con un triste sorriso per quei compagni che si tagliano le palle
politiche e morali frenando sulla solidarietà e sul rispetto per i
combattenti di Hamas, “integralisti religiosi senza progetto politico
accettabile”. Si risentono, le anime ortodosse e delicate, anche dell’
eccessivo indugiare di Santoro sui macabri particolari dei bambini di
Gaza. Li svergogna perfino il Fronte Popolare per la Liberazione della
Palestina che, correttamente, mette da parte ogni differenza ideologica
nel momento dell’unica priorità, la resistenza. Meschino e saccente
eurocentrismo che, questo sì, guarda solo al proprio ombelico. Dicono
che quelli di Hamas, riconosciuti da un popolo sbranato, non sono per
la rinascita araba, ma per l’ umma musulmana. Rieccheggiano
le diffamazioni dei predatori. Ma chi glie lo ha detto? Ci portino i
documenti di Hamas che parlano di califfato e non di liberazione della
Palestina. Nella quale Palestina liberata se la vedranno poi
liberamente ideologie e sistemi sociali e chi avrà più filo più
tesserà. Mi ricordano quel puzzone del PRC che, di fronte all’immane
tragedia irachena e ai successi dei suoi partigiani, scrollò le spalle
e dichiarò con sufficienza: “La resistenza irachena non ci parla””. E
anche così che Bertinotti è arrivato alla terza carica dello Stato.
Sei tu che non la sai ascoltare, coglione!

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